La nuova era della plastica: le bioplastiche

Le nuove regole per limitare i danni ambientali delle plastiche derivanti dai combustibili fossili prevedono la loro sostituzione con plastiche biodegradabili. Contenitori alimentari, tazzine da caffè, posate e bicchieri monouso e tanto altro sono ora in materiale biodegradabile e potrebbe sembrare che ormai la plastica fossile fosse scomparsa del tutto. In realtà, le bioplastiche rappresentano ancora solo una piccolissima fetta di mercato.

Le bioplastiche sono polimeri la cui caratteristica principale è di essere compostabili, cioè smaltibili nell’umido, e biodegradabili, ovvero che possono subire degradazione a sostanze più semplici per azione di microrganismi.

Le plastiche biodegradabili sono disponibili in diverse varietà e con usi differenti. Le più comuni sono l’acido polilattico (PLA), gli amidi termoplastici (TPS) e i poliidrossialcanoati (PHA), tutti polimeri a lunga catena e per lo più prodotti da materiali di origine vegetale.

L’acido polilattico (PLA) è una delle plastiche biodegradabili più in uso e ha un volume di produzione altissimo. Il PLA è un poliestere (polimero) termoplastico derivato dalla condensazione dell’acido lattico. Il PLA ) si ottiene dall’amido fermentato che si ricava principalmente dal mais, manioca e canna o barbabietola da zucchero. Una delle sue caratteristiche principali è la trasparenza, e per questo viene prodotto sotto forma di contenitori per cibi e alimenti. Poiché però non resiste a temperature superiori a 45 °C, gli alimenti devono essere sostanzialmente freddi.

Acido polilattico PLA

L’amido termoplastico (TPS) è la bioplastica di maggiore produzione. Si ottiene con un processo a basso contenuto di acqua e in presenza di plastificanti, che prevede la rottura della struttura dei granuli di amido. Il TPS viene prodotto e ampiamente utilizzato sotto forma di film per imballaggio. Come oggetto quotidiano è il materiale di cui sono fatte le posate monouso biodegradabili.

Il poliidrossialcanoato (PHA) è un polimero poliestere termoplastico totalmente biodegradabile prodotto da alcuni batteri che agiscono sulla fermentazione degli zuccheri e dei lipidi. Grazie alla ottima biodegradabilità, viene principalmente utilizzati in campo medico, per esempio nelle suture, nelle protesi e nei dispositivi chirurgici e nella produzione di sacchi per la spazzatura. A causa degli alti costi di produzione non è la bioplastica più forte sul mercato.

Uno dei problemi per cui le bioplastiche non hanno avuto ancora il sopravvento sul mercato è che sono molto più costose da produrre della plastica fossile in quanto le materie prime richiedono terra, fertilizzanti, acqua e tempo di attesa per la loro coltivazione. Tuttavia, questo porta a un vantaggio nella produzione di questi materiali che utilizzano risorse rinnovabili e, generalmente, emettono meno gas serra rispetto alla plastica da petrolio che richiede processi industriali impattanti

Ma il vero beneficio per l’ambiente è la biodegradabilità, cioè un impatto minore sull’ambiente e una rapida decomposizione in discarica, anche se questo avviene con successo se ci sono le giuste condizioni: umidità, abbondanza di ossigeno, presenza di microorganismi, pH e temperatura ottimali. In caso contrario, pur decomponendosi in tempi più rapidi delle plastiche fossili, avranno tempi lunghissimi, anche anni.

Un altro vantaggio delle plastiche biodegradabili è che sono compostabili ad alte temperature. Tuttavia, se non isolate per esempio dal PET (polietilene tetraftalato con cui si fabbricano le bottiglie di plastica) si creano grossi problemi di riciclaggio che, nel tempo, dovrà essere messo a punto per evitare che anche questi materiali diventino un problema per l’inquinamento non essendo decomponibili nell’acqua di mare.

ATTIVITA’: Indica quale/i obiettivi dell’Agenda 2030 si sposano con la lettura della scheda.

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