Il polistirolo si ricicla, ma…

Sono sempre più numerosi i materiali che hanno origine dal petrolio sui quali la comunità ambientalista si confronta e discute con la comunità scientifica circa la pericolosità, in termini ambientali, o la possibilità di riciclo di certi prodotti di largo uso quotidiano.

Uno dei composti chimici più discusso è il polistirolo espanso, chimicamente il polistirene, ovvero un polimero dello stirene.

stirene

Il polistirene è una schiuma bianca molto leggera che si presenta in forma di sferette compattate. Il polistirolo trova molti impieghi perché ha la peculiare caratteristica di essere un ottimo isolante termico.

E infatti viene largamente utilizzato in campo alimentare. In particolare nel mercato del pesce dove le cassette in polistirolo garantiscono la freschezza del pescato durante le fasi di trasporto e di distribuzione, evitando così l’interruzione della catena del freddo. Anche la grande distribuzione utilizza contenitori di polistirolo quale migliore isolante termico, per esempio, per il trasporto delle mozzarelle dei latticini in generale. Questi grandi utilizzatori di contenitori in polistirene sono anche i maggiori promotori del riciclo di questo materiale sul quale si è creata una vera e propria economia circolare. Le cassette del pesce, per esempio, vengono raccolte, sbriciolate e compattate in modo da poterle riciclare completamente per generare una nuova materia prima seconda con la quale vengono prodotti imballi e materiali isolanti in polistirolo espanso.

E tuttavia, nonostante l’accortezza e la buona volontà per aiutare il pianeta, rimane il fatto che anche una sola cassetta di polistirolo abbandonata sulla spiaggia, e purtroppo molte ancora ne vengono trovate, se viene a contatto con l’acqua del mare, produce almeno un milione di microplastiche in quanto proviene da polimeri artificiali derivati dal petrolio. E, pur essendo presente come microplastica solo per l’1%, è considerato un materiale altamente inquinante.

Per altro non è un problema solo del Mare Mediterraneo: a Hiroshima (Giappone) il 99,5% dei rifiuti marini è costituito da frammenti di polistirolo per l’allevamento delle ostriche, così come nell’arcipelago di Cat Ba (Vietnam) l’utilizzo di più di 54 000 galleggianti in polistirolo per l’acquacoltura sta creando parecchi problemi; senza contare le numerose parti delle imbarcazioni, delle boe dei pontili, ma anche i contenitori da asporto di bevande calde.

Naturalmente è già ampiamente in atto la ricerca di alternative totalmente naturali per sostituire il polistirolo espanso nell’ambito alimentare. Il materiale allo studio è la Posidonia oceanica, una pianta (attenzione! non un’alga come viene generalmente indicata) che si accumula in inverno sulle spiagge.

Posidonia oceanica (fonte Pexels)

Poco amata dai bagnanti ha in realtà un ruolo importante nell’attenuare la forza del moto ondoso proteggendo le coste dall’erosione. Nel Mar Mediterraneo per altro occupa un’area di 38 000 km2 ed è una componente fondamentale dell’ecosistema marino costiero.

La Posidonia oceanica oggi viene sottoposta a processi di lavorazione specifici per ottenere materiale composito biodegradabile utilizzato per esempio nell’edilizia come isolante termico e acustico. Ultimamente, si sta studiando e approntando la possibilità di creare un materiale per le cassette per il pesce noto come Pla espanso, l’acido polilattico, polimero dell’acido lattico, un prodotto della fermentazione del destrosio ricavato dai vegetali e totalmente rinnovabile e biodegradabile.

acido prolattico

La sperimentazione di 1740 cassette per la conservazione del pesce ha dato per il momento ottimi risultati sulla resistenza del Pla dal contatto prolungato di acqua e ghiaccio al maneggiamento dell’imballaggio.

ATTIVITA’: ricerca frai goals dell’Agenda 2030 e indca quali si occupano di economia circolare.

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